All’Itu (Onu) scontro sulla geopolitica di internet

di alex il 14 Dicembre 2012

Quello che ho capito dalla conferenza WCIT dell’Itu (Onu), da cui è sorto il nuovo trattato internazionali che regola le reti tlc (aggiornando quello del 1988):

Siamo entrati in una sorta di guerra fredda per la governance del digitale, che quindi diventa a tutti gli effetti un affare geopolitico.

Ricordiamo che 89 membri delle Nazioni Unite (di cui l’Itu è l’agenzia per le tlc) hanno sottoscritto il nuovo trattato (pdf). Tra gli altri, Russia, Cina, Arabia Saudita, Brasile. L’hanno contestato invece 55 Paesi tra cui gli Stati Uniti, Regno Unito, Canada, accusandolo di essere un tentativo per censurare internet a opera dei governi meno democratici. Altri Paesi, come l’Italia, stanno invece valutando il da farsi. Hanno deciso di consultarsi prima con i propri governi.

Il testo si presta a varie interpretazioni e c’è da scommettere che avrà effetti diversi a seconda del Paese dove verrà ratificato. Coloro che non l’hanno sottoscritto rimarranno comunque con le regole attuali, risalenti al 1988.

Una cortina si è eretta tra i Paesi che hanno firmato e coloro che non l’hanno fatto e quindi dal 2015 potranno nascere differenti modi di gestire (e vedere) la rete, pur sempre sotto il cappello delle Nazioni Unite.

L’aspetto interessante è che entrambe le barricate dicono di agire per il bene di internet. Idem il segretario generale dell’Itu, Hamadoun I.Touré, secondo cui il nuovo trattato non minaccia la libertà di espressione e anzi non si occupa affatto del controllo di internet; ma anzi contribuirà a portare online quelle 4,5 miliardi di persone che sono ancora fuori da internet e che abitano perlopiù nei Paesi poveri.

Il nuovo trattato dà, di fatto, un ruolo maggiore ai singoli Paesi per le questioni della rete. Dice per esempio che sono tutti i governi ugualmente importanti per la governance di internet, per assicurarne la stabilità, la sicurezza, la continuità e il suo futuro sviluppo. L’aspetto della sicurezza è centrale, nel dibattito: gli Stati Uniti si sono opposti a dare questo ruolo ai governi. Hanno visto come una minaccia alla libertà di internet anche un articolo che dà ai governi  il compito di contrastare le “comunicazioni elettroniche non richieste”. Il timore, dei non firmatari, è che questo sia un pretesto per censurare i contenuti sgraditi al potere politico, considerandoli quindi alla stregua dello spam.

Alcuni dei firmatari però ritengono che il modello multi stakeholder sia solo una facciata e in realtà siano gli Usa ad avere la vera governance della rete.

La materia è intricata e forse bisognerebbe evitare di cadere nell’ingenuità di una visione bianco-nero: persino The Economist scrive che gli Usa in fondo fanno anche i propri interessi, con la propria posizione pro-internet. “Nessun altro Paese beneficia così tanto dallo status quo nel mondo online. Poiché molta dell’infrastruttura internet è in America e la maggior parte del suo traffico passa da lì, l’America è in una posizione senza uguali per spiarlo, se volesse farlo. Le aziende internet americane catturano inoltre la quota maggiore dei profitti dell’industria online”.

Certo è che non avremo un nuovo trattato per regolare in modo condiviso le reti tlc, nel mondo, e già questo esito può essere visto come una sconfitta. Ma è positivo che questi temi siano finiti al centro di una “guerra fredda digitale” (come la definisce The Economist), con opposti punti di vista, dove è molto difficile discernere tra buona e cattiva fede degli esponenti. Se ne riparlerà probabilmente alla prossima conferenza Itu, prevista nel 2014 nella Corea del Sud. Ma, nel frattempo, sarà interessante vedere quali altri Paesi firmerà il trattato. Anche quelli che l’hanno rigettato adesso potrebbero, in futuro, sottoscriverne alcuni articoli.

 

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